Geco For School | Percorso di Green Education
Oggi intervistiamo Giuseppe Addamo, Founder di VAIA, startup che mira a realizzare oggetti in legno utili all’uomo e alla natura e a ripiantare nuovi alberi sulle Dolomiti, implementando un modello imprenditoriale che metta al centro il territorio e le comunità.
VAIA è una startup innovativa a vocazione sociale che mira ad essere un esempio di sostenibilità attraverso 4 semplici step. Numero 1: Economia circolare, quindi recupero della materia prima che altrimenti sarebbe scarto. Numero 2: Coinvolgimento degli attori locali, quindi lavorare nel territorio per il territorio unendo artigiani, boscaioli, segherie… Numero 3: Produrre un oggetto iconico, rappresentativo della nostra filosofia, quindi l’idea di un amplificatore di un messaggio, di suoni e numero 4: Si lavoro in ottica di restituzione alla natura, che per noi vuol dire: piantare un albero per ogni oggetto venduto. Abbiamo finora piantato 70.000 alberi, siamo l’azienda che ha piantato più alberi sulle Dolomiti insieme alla nostra community, che ci ha supportato. Speriamo e pensiamo che questo modello possa essere implementabile anche in altri luoghi, con altre materie prime e in altri contesti, nel 2024 puntiamo a intervenire in Puglia con l’ulivo salentino colpito dalla xylella anche lì adottando questo principio: recupero la materia prima, la lavoro con artigiani locali restituendola poi alla natura, piantando nuovi alberi. Questo è VAIA un nuovo modo di fare impresa che mette al centro la natura, la comunità, il territorio e l’ambiente.
Non è stato facile. È iniziato nel 2019, un anno dopo la tempesta ed è partito dalla mente di Federico che aveva ricevuto da suo nonno un piccolo amplificatore in legno, da lì ha pensato che sarebbe stato bello ridare vita agli alberi caduti attraverso un oggetto che, anche metaforicamente, fosse portatore di messaggi che volevamo comunicare e mandare alla società. Nasce quindi VAIA Cube, un oggetto che coniuga il design all’economia circolare perché viene recuperato dal legno, viene lavorato dagli artigiani e non ha i tempi dell’industria. Ogni cube è unico grazie alla spaccatura sempre diversa ed è anche un oggetto funzionale perché amplifica i suoni dello smartphone, basta appoggiarlo e il gioco è fatto. Questo oggetto non è solo il frutto della nostra attività, è ambasciatore del nostro progetto che vuole partire dalle foreste colpite dalla tempesta piantando nuovi alberi. Tutti questi valori a nostro avviso diventano fondamentali per trasmettere il messaggio di sostenibilità di cui ci facciamo portatori.
Quando abbiamo cominciato eravamo degli sbarbatelli che andavano a bussare alle porte degli artigiani e ricevevamo sempre un secco no come risposta. Poi, un giorno, finalmente un sì! Il nostro primo artigiano Giorgio Leonardelli ha deciso di non chiuderci la porta in faccia ma di mettersi in gioco insieme a noi nel portare avanti questo progetto, ci ha accolto, ha cominciato a realizzare i primi VAIA Cube ed è per altro lui che ha avuto l’idea della spaccatura in ogni VAIA Cube, che ogni oggetto fosse unico e che ricordasse quella ferita che ci stiamo impegnando a rimarginare. Siamo riusciti a trasformare un rapporto da conflittuale a positivo e costruttivo, tanto che oggi abbiamo una rete di piccoli artigiani che collabora con noi, non solo in Trentino ma anche in Veneto, in Lombardia e l’idea è quella di creare connessioni nel territorio che possano portare valore all’intera comunità… la comunità non è poi solo il rapporto con l’artigiano ma è anche coinvolgimento nell’attività di piantumazione, portare le persone a riscoprire il territorio. Sentire questa atmosfera vibrante secondo me aiuta la comunità da un punto di vista materiale ma anche dal punto di vista del benessere mentale e affettivo.
Racconto proprio brevemente la filiera, un processo che va dagli alberi abbattuti al VAIA Cube e all’attività di piantumazione. Il legno si trova spesso in condizioni critiche perché esposto alle intemperie, all’umidità quindi quando viene recuperato viene immediatamente essiccato. Questo lo rende soprattutto lavorabile dal punto di vista artigianale. Dopodiché passa dai boscaioli ai nostri artigiani che si occupano della lavorazione, si occupano cioè della levigatura e altre attività che riguardano proprio la resa dell’oggetto. Poi arriva ai nostri magazzini, la nostra sede operativa, dove lavora il team VAIA, che si trova a Borgo Valsugana. Ogni oggetto venduto viene tracciato e rappresenta un albero che sarà poi piantato nei nostri eventi di piantumazione. Un punto molto interessante secondo me è il fatto che stiamo affrontando anche una nuova sfida nella Dolomiti: il bostrico, un insettino che sta pian piano uccidendo gli abeti rossi. Si pensa che possa fare più danni della tempesta Vaia, in termini di impatto ambientale e la proliferazione del bostrico è legata ai cambiamenti climatici in atto perché le maggiori temperature ne stanno favorendo la diffusione. Importantissimo perciò recuperare in fretta il legno, stoccarlo così da stoccare anche CO2. Piantare nuovi alberi significa poi arginare questa ferita che rende il bosco più debole ed esposto agli attacchi di questo insetto. La nostra attività serve anche a proteggere l’ecosistema delle Dolomiti e dei territori limitrofi.
Non sono sicuramente il primo a dirlo ma reputo che la sfida del nostro secolo sia sicuramente quella dei cambiamenti climatici. Da una parte è necessario comprenderne gli effetti dall’altro è fondamentale capire come contrastare l’aumento delle emissioni di CO2. L’obiettivo molto ambizioso dell’agenda 2030, penso in particolare all’obiettivo 13 e al 15 di tutelare e salvaguardare la vita terrestre da una parte e dall’altra di piantare più alberi possibili sempre in modo intelligente per cercare di assorbire le emissioni di CO2 sono degli obiettivi fondamentali che dobbiamo darci noi come società prima ancora delle aziende. Sulla base di questa premessa questa sfida va affrontata con creatività e innovazione, bisogna trovare nuove soluzioni, nuovi modi di pensare ai nostri bisogni come esseri umani in modo tale da vivere in maniera positiva con l’ambiente circostante e credo che da questo punto di vista quello di VAIA possa essere un esempio virtuoso perché cerca di rendere risorse alla natura piuttosto che sottrarle. Credo che in questo possa essere un esempio positivo da seguire.
Per citare Dostoevskij “la bellezza salverà il mondo”. L’idea per cui se qualcosa è bello riesce a toccare delle corde e spinge le persone ad attivarsi, a impegnarsi, a fare un’azione mi ha sempre affascinato. Non è solo il contenuto ma è anche la forma, il modo in cui si racconta qualcosa, ed è qui che secondo me bisogna intervenire, lavorare affinché la bellezza che abbiamo sul nostro pianeta, in termini paesaggistici, in termini naturalistici e anche a livello storico sia mantenuta, preservata e lasciata alle prossime generazioni.
Sicuramente è stato un problema che siamo riusciti a trasformare in un’occasione e in un’opportunità. L’idea che dal negativo si possa passare al positivo. A titolo personale io ho studiato lettere a Catania ed è stato il mio Erasmus come giornalista a Bruxelles a farmi scattare quella molla, a far nascere in me il desiderio di voler trattare gli argomenti legati alla sostenibilità. Lavoravo come giornalista interno alla Commissione Europea e nel 2013 si iniziava a parlare delle compensazioni di CO2, di quale fosse il ruolo delle aziende nell’affrontare la crisi climatica, possiamo dire che se ne iniziava a parlare in modo serio. Ho sempre voluto fare l’insegnante ma dopo l’Erasmus ho capito che la sostenibilità mi interessava di più. Ho poi studiato a Milano Comunicazione e Marketing in Statale e poi in Bocconi dove ho capito che la sostenibilità ha bisogno di essere bella per essere apprezzata concretamente. Deve essere affascinante, capace di comunicare valori, questo è fondamentale per diffonderne il messaggio facendo diventare la sostenibilità quasi come una moda. La tempesta Vaia è stato l’elemento che ha fatto dire a me e agli altri fondatori che dovevamo agire e fare qualcosa per il nostro pianeta. Venivamo tutti da ambienti molto diversi e a seguito di vari ragionamenti abbiamo deciso di lasciare i nostri lavori e dedicarci anima a corpo alla nostra startup, con l’idea che questi modelli positivi per il territorio e per l’ambiente possano essere d’esempio per tutti.
Per quanto riguarda i consigli…mi verrebbe da dire che abbiamo tutti bisogno di persone che vogliano mettersi in gioco e che non abbiano paura di fallire. Essere un imprenditore soprattutto in un contesto storico non facilissimo come il nostro è una sfida complessa, però è la spinta di cui tutti noi abbiamo bisogno per avere quei modelli da seguire che possano incoraggiare anche altre espressioni, fondamentale quindi la creatività per affrontare le nuove sfide che il cambiamento climatico ci pone. Non bisogna abbattersi ma anzi cercare un team valido, non pensare che l’idea sia tutto, quella che fa la differenza sono anche altre cose, c’è la motivazione del team, c’è il timing, trovare persone giuste al momento giusto, e soprattutto tanto tanto lavoro duro, bisogno investirci molto in termini di passione perché è quello che fa la vera differenza.
È un oggetto che non ha un impatto a livello energetico perché funziona in modo naturale, può essere utilizzato per chiamate, per ascoltare musica o anche un podcast. Io sono un grande ascoltatore di podcast quindi per me è proprio ideale. Ogni oggetto ha poi la sua spaccatura. Sono un amante delle citazioni e quindi per spiegare la spaccatura di ogni VAIA Cube prendo spunto dalla frase di Leonard Cohen, cantautore canadese che a me piace molto: c’è una crepa in ogni cosa ma è da lì che entra la luce. Questa è proprio la nostra idea, riuscire a tirare fuori il meglio, il bello dalle situazioni difficili, e quindi il fatto che ognuno possa avere questo oggetto in casa propria è un po’ indice di questa filosofia.
Scritto il 17-02-2023