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Le GECO-interviste: intervista a Matteo Colle, Direttore Relazioni Esterne e Sostenibilità Gruppo CAP

Oggi intervistiamo Matteo Colle, Direttore Relazioni Esterne e Sostenibilità Gruppo CAP.

 

Che cos’è Gruppo CAP e di cosa si occupa?

Gruppo CAP è il gestore del Servizio Idrico Integrato della Città metropolitana di Milano e di diversi altri Comuni delle province di Monza e Brianza, Pavia, Varese e Como. Gestire il servizio idrico significa affrontare la complessità di un sistema articolato fatto di migliaia di chilometri di rete di acquedotto e fognatura, di impianti ad alta tecnologia come i depuratori e i sistemi di potabilizzazione. Significa, soprattutto, garantire acqua di qualità, sicura e costantemente controllata a tutti. Attraverso i pozzi preleviamo l’acqua dal sottosuolo, curando il percorso che fa dal pozzo alle case dei cittadini. Grazie ai nostri impianti depuriamo anche l’acqua che si scarica e la restituiamo pulita all’ambiente.
Gruppo CAP è un’azienda a capitale pubblico, la proprietà è di circa 200 amministrazioni comunali e gestisce il servizio idrico in monopolio. Questa scelta è dettata dal legislatore: i cittadini non possono decidere il proprio gestore del Servizio idrico come avviene per l’energia. L’acqua è considerata un monopolio naturale che i comuni affidano a CAP che la gestisce nell’interesse della collettività.

 

Cosa vuol dire essere una utility green?

Ci siamo definiti green utility per una serie di ragioni. La prima è chiaramente legata al fatto che ci occupiamo di acqua, la preleviamo dal sottosuolo e la portiamo ai cittadini, monitorando l’andamento della falda sotterranea e tutelandone il valore. L’acqua dolce va, infatti, salvaguardata poiché è solo l’1% di quella disponibile sul pianeta. Chi svolge questo mestiere, perciò, si occupa principalmente di preservare e proteggere l’acqua, la nostra è una mission ambientale.

Noi di Gruppo CAP ci occupiamo anche di gestire i servizi di fognatura e depurazione, questa è la seconda missione green. Fognatura e depurazione sono due presidi ambientali importanti, baluardi a difesa dell’ambiente: se non ci fossero, tutti gli scarichi legati all’uso antropico o umano finirebbero nell’ambiente, inquinandolo irreparabilmente. L’Italia, purtroppo, è molto indietro rispetto a questo tema perché spesso sconta la mancanza di sistemi fognari adeguati: non è un caso, infatti, che la UE abbia predisposto alte sanzioni per il nostro Paese in tal senso.
Gruppo CAP sta investendo da tempo in progetti e sperimentazioni legati ali processi di depurazione, un mondo che ha incredibili potenzialità perché nelle acque di scarto ci sono sostanze organiche ricche di fosforo che scarseggia in natura, azoto, componente principale per la produzione dei fertilizzanti, e cellulosa, utile per fabbricare carta e materia prima per la preparazione di fibre tessili, cellofan, vernici e tanto altro. Abbiamo, quindi, messo a punto nei nostri depuratori dei programmi industriali di economia circolare che mirano a recuperare questi elementi.
Se si lasciano fermentare i fanghi reflui si produce anche biogas che può essere utile a scaldare il depuratore oppure, se ulteriormente raffinato, può diventare metano da immettere nella rete di Snam, il principale operatore europeo nel trasporto e nello stoccaggio di gas naturale.
Nell’ultimo periodo il problema dell’approvvigionamento di fonti energetiche, in particolare di gas, è tornato di grande attualità, ed è evidente quanto dipendiamo da altri Paesi. In verità, saremmo in grado di produrre una buona parte di gas nei nostri depuratori. Questa sinergia tra mondo dell’acqua, dell’energia e dei rifiuti ci permette di definirci utility green.

 

L’acqua è un bene prezioso, ne stiamo usando più del necessario, per cosa?

Si, in maniera spesso inconsapevole. Mediamente un italiano consuma più di 200 lt di acqua al giorno, arrivando anche a picchi di 220-230 lt, rispetto alla media europea che si aggira attorno ai 160 lt. Dell’acqua che consumiamo, però, ne impieghiamo ben poca per bere e cucinare, la maggior parte è utilizzata per usi non alimentari: in bagno, per lavare stoviglie e panni, per irrigare aree verdi, giardini o prati, per lavare auto. L’obiettivo di Gruppo CAP è quello di ridurre il consumo a 190 lt. Sono due le ragioni principali di spreco dell’acqua: da un lato, la costante disponibilità della risorsa ci porta a sottostimarne l’importanza; dall’altro, l’acqua costa molto poco e la spesa in bolletta è quasi trascurabile, niente di paragonabile a quella della corrente elettrica o del gas. Questi due aspetti portano ad avere un atteggiamento più disinvolto, ad assumere comportamenti sbagliati, diversamente da quanto accade in molti altri paesi dove l’acqua costa molto di più e si è più attenti. Aggiungo che in Italia abbiamo un problema storico di perdite molto grave: gli acquedotti sono vecchi, mediamente i più datati d’Europa e questo fa sì che la media delle perdite italiane sia di gran lunga superiore a quella europea.

 

Si può “riciclare” l’acqua?

Bisogna distinguere tra acqua potabile e acqua di scarto. L’acqua di scarto che esce dai depuratori si può riciclare certamente: può essere riutilizzata, per esempio, per irrigare i campi e le colture, anche se questo avviene di rado, perché la legge italiana è molto restrittiva rispetto ai parametri che deve rispettare. Questo, però, è il riuso più utile e virtuoso dell’acqua dato che i depuratori non si fermano mai ed è quindi un’acqua che può essere riutilizzata costantemente.

L’acqua della depurazione può, poi, essere impiegata per usi civili: pensiamo allo spazzamento delle strade o per innaffiare giardini e parchi. In linea di principio potrebbe essere utilizzata anche per usi domestici non potabili: consideriamo, per esempio, l’acqua di altissima qualità che utilizziamo per scaricare il WC, la stessa che arriva nel lavandino, perché non utilizzare quella non potabile risparmiando l’acqua che beviamo ed è comunque compatibile con l’ambiente? Il problema che ci impedisce di arrivare a questi usi è la mancanza di infrastrutture. In Francia, per esempio, esistono le cosiddette reti duali ovvero reti distinte di distribuzione idrica: una rete ad hoc per il flusso di acqua potabile e un’altra per quello di acqua non potabile.

 

Come si depura l’acqua? Che processi subisce?

Una piccola precisazione: se si parla di depurazione si fa sempre riferimento all’acqua di fognatura; se, invece, parliamo di acqua adatta al consumo e quindi potabile, la si preleva dalla falda, dai fiumi e, attraverso alcuni processi, la potabilizziamo. In alcuni casi l’acqua prelevata è già buona e non necessita di trattamenti, quindi, ci limitiamo a immetterla nella rete dell’acquedotto; in altri casi, invece, bisogna intervenire perché magari la falda contiene sostanze minerali non necessarie. Per farlo utilizziamo filtri che ripuliscono l’acqua rendendola potabile.

Il processo di depurazione dell’acqua di scarto, invece, ha delle fasi. La prima avviene a livello meccanico ed è definita grigliatura: una grande intelaiatura in acciaio ferma corpi e oggetti grossolani, come pezzi di rami e stracci. Nell’acqua di fognatura troviamo anche terriccio, sabbia e oli, si attivano allora processi di dissabbiatura e disoleatura per ripulire l’acqua. Segue la fase di ossidazione biologica, cuore della depurazione, dove le acque vengono mandate in delle grandi vasche in cui sono immessi dei batteri - da qui l’azione biologica - che aggrediscono e mangiano tutte le sostanze organiche presenti e formano dei fiocchi di fango che si separano dall’acqua. Da questo punto in poi si aprono due strade: i grumi di fango diventano fanghi di depurazione, lo scarto del processo depurativo, mentre le acque vengono ulteriormente filtrate, fino a diventare trasparenti, e disinfettate tipicamente con cloro o, per rispettare ancora di più l’ecosistema, con raggi ultravioletti. Una volta ultimato questo processo le acque vengono reimmesse nei corpi d’acqua vicini ai depuratori. È perciò acqua pulita, disinfettata, non potabile ma compatibile con l’ambiente.

Tutta la filiera di acqua è estremamente controllata, per fare in modo che il percorso venga monitorato dall’entrata all’uscita. I fanghi invece, dato che sono ancora pieni di acqua, vengono compressi e una volta compattati diventano un terriccio che può fermentare (digestione anaerobica) producendo biogas e biometano, oppure possono essere trattati recuperando così le sostanze nutrienti. Lo scarto che rimane può quindi essere termovalorizzato, bruciato per produrre altra energia. Solo una piccola parte di fanghi che non possono essere né bruciati né riutilizzati viene mandata in discarica, ma stiamo parlando del -1%, una quantità davvero minima.

 

Quando si può definire l’acqua sicura a norma di legge?

Per l’acqua potabile esiste un decreto legislativo che ne regola le caratteristiche. La norma italiana dipende da quella europea per scelta dei paesi europei stessi. La direttiva Drinking Water Directive che regolamenta l’acqua potabile stabilisce che l’acqua deve rispettare una serie di parametri anche fisici, per esempio, quanto deve essere trasparente, che temperatura deve avere, che conducibilità può trasmettere e ovviamente che caratteristiche chimiche deve possedere, che sali minerali può e non può avere, e in che concentrazione. La materia sulle sostanze che possono essere o non essere contenute nell’acqua è in continua evoluzione. Chiaramente ci sono sostanze che non devono assolutamente essere presenti tipo i coliformi, dei batteri specifici. Ci sono, però, dei nuovi parametri da considerare come, per esempio, il monitoraggio della radioattività e degli ormoni.
È un tema sempre in divenire. I gestori come Gruppo CAP monitorano le condizioni dell’acqua svolgendo analisi in laboratorio: effettuiamo quasi 200.000 determinazioni analitiche ogni anno, pubblicate poi sul sito e rese consultabili. I gestori, però, non possono essere controllori di se stessi: in Italia sono due gli organi in particolare che hanno il compito di monitorarci, ovvero l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA), che controlla le acque reflue, di scarto, e l’Agenzia di tutela della salute (ATS) che monitora invece la qualità dell’acqua per uso domestico e quindi potabile. Le verifiche sono sempre a sorpresa, non sappiamo dove e quando verremo controllati.

 

Il processo di depurazione dell’acqua è un processo sostenibile?

La depurazione è diventata un vero e proprio processo circolare. Nell’acqua di scarto ci sono sostanze molto preziose che devono essere recuperate. Se prima certa materia veniva considerata un rifiuto, oggi, grazie a tutti i processi di recupero e di economia circolare, il fango, per esempio, è diventato una risorsa, energia per far funzionare il depuratore. In questo momento siamo esportatori netti di gas, usiamo tutto il gas che produciamo per far funzionare i depuratori e lo vendiamo anche all’esterno. Se si applicano i principi dell’economia circolare, la depurazione diventa completamente sostenibile.

 

Cosa può fare ognuno nel suo piccolo al fine di facilitare il processo di depurazione?

Ovviamente ci sono accorgimenti generali di uso corretto degli scarichi. All’interno degli scarichi di casa non dovrebbe mai essere buttato olio perché i batteri non lo decompongono, e quindi non può essere recuperato. Non dovrebbero, poi, essere scaricati oggetti solidi o semisolidi, tutto quello che può rappresentare un ostacolo. Un consiglio che mi sento di dare è anche quello di usare il minimo indispensabile detersivo e saponi, la depurazione è fatta per abbattere anche queste sostanze pulenti ma, chiaramente, usarne meno genera un impatto positivo nel processo di depurazione e fa bene all’ambiente.

 

 

Scritto il 24-02-2023

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