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Il cambiamento climatico è al punto di non ritorno?

Le cattive notizie hanno un potere fortemente distruttivo. Non occorre approfondire molto questo concetto: a nessuno va di impegnarsi per quella che si percepisce come una “causa persa” e, se si viene a sapere che un certo tipo di azione, uno sforzo, un progetto ha molte più probabilità di fallire che di riuscire, molte meno persone sceglieranno di continuare a impegnarvisi.
Proprio questo, purtroppo, è l’atteggiamento di molti rispetto alla sostenibilità: chi è già alla ricerca di scuse per non alterare i propri comportamenti poco sostenibili (se parliamo di individui) o, peggio, le proprie pratiche altamente inquinanti (se parliamo di stati o aziende) non chiede di meglio che sentirsi dire che il cambiamento climatico ha raggiunto un punto di non ritorno per stabilire che non vale la pena cambiare le cose.

Se non c’è più nulla da fare, perché sforzarsi? Se non c’è speranza, perché rinunciare a un guadagno o una comodità? Uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature dimostra che le cose non stanno proprio così.

 

 

 

 

Il cambiamento climatico non è senza ritorno

Che cosa vuol dire raggiungere un punto di “non ritorno”? In sostanza si tratta del momento in cui, teoricamente, le conseguenze dei danni già apportati all’ambiente superano le nostre capacità di porvi rimedio e frenarne gli effetti. L’estinzione di una specie, per esempio, è un punto di non ritorno, a meno che non si venga a scoprire che qualche esemplare è sopravvissuto, magari in ecosistemi dove non si pensava di incontrarlo.

Nel caso del cambiamento climatico si analizzano diversi punti di non ritorno, ovvero quei momenti in cui si innescano fenomeni considerati irreversibili indipendentemente dagli sforzi che vengono fatti per contrastarli. Tutto dipende dalla portata e dalla rapidità di tali fenomeni.

 

 

Quali sono disastri climatici che possiamo ancora evitare?

Ci sono alcuni fenomeni legati al riscaldamento globale che siamo abituati a considerare punti di non ritorno, ma che in realtà non lo sono. Uno di questi è lo scioglimento dei ghiacciai, il cui andamento è abbastanza lento da lasciare alle nostre politiche climatiche la possibilità di invertire la tendenza. Questo non vuol dire che non sia un problema grave che dobbiamo affrontare, ma semplicemente che, a differenza di altri, abbiamo la possibilità di risolverlo se agiamo rapidamente.

La distruzione e il degrado della foresta Amazzonica, invece, è ormai considerato irreversibile: il suo assetto si modificherà definitivamente prima che qualsiasi misura adottata per evitarne la decadenza inizi ad avere effetti positivi.

 

 

Perché è importante conoscere la verità sul riscaldamento globale?

Negli ultimi anni quasi tutti i grandi organismi internazionali hanno fissato degli obiettivi relativi alla riduzione delle emissioni e all’abbandono dei combustibili fossili. In molti paesi, come la Germania, questi obiettivi sono stati anche ridiscussi, perché considerati troppo “moderati” e perché permettevano di continuare a emettere CO2 nell’atmosfera e a consumare carburanti provenienti da fonti non rinnovabili per molti anni, a causa di traguardi lontani nel tempo.

Cosa vuol dire questo, in pratica? Che le generazioni attuali hanno in qualche modo cercato di scaricare il peso del cambiamento su quelle future, pur sapendo che, se non si agisce fin da subito, questo cambiamento sarà impossibile. Proprio per evitare che i fenomeni negativi innescati dalla nostra presenza nell’ambiente diventino irreversibili, è importante porre traguardi che costituiscano davvero delle sfide per la nostra società, per gli stati, per le aziende e per noi tutti a livello collettivo e individuale. Solo così potremo invertire la tendenza che ci ha portati alla crisi ecologica che stiamo vivendo.

Scritto il 07-06-2021

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